Cappelle

Sorpasso

da Il Sorpasso, periodico politico-culturale-sportivo di Montesilvano, a. 2, num. 11)

In prossimità della ricorrenza di San Martino di Tours (11 novembre), piuttosto sentita nella civiltà contadina per via del vino nuovo, mi sento in dovere di parlare dell’origine del nome di Cappelle sul Tavo. Il perché di questa associazione sarà chiaro nelle righe che seguono.

Prima del 1912, anno in cui il nuovo comune (resosi indipendente nel 1904 proprio da Montesilvano, al quale era stato accorpato già nel 1811) assunse la specificazione “sul Tavo” (v. Il Sorpasso, a. 2, n. 8), forse per distinguersi da Cappelle dei Marsi in provincia dell’Aquila, il paese era chiamato semplicemente Cappelle o Villa Cappelle. Ma questa denominazione al plurale non è più antica del ‘700 e fu probabilmente ufficializzata con la compilazione del catasto onciario (1754). Ancora prima era usata una versione al singolare, Villa Cappella, per quello che era un villaggio rurale fondato nel ‘500 da Schiavoni, immigrati di fede cattolica provenienti dall’altra sponda dell’Adriatico in fuga dai Turchi.

Il toponimo era però più antico del villaggio. Nel medioevo, infatti, esistevano già in questi luoghi due “castelli” dotati di autonomia amministrativa, chiamati Cappella inferiore e Cappella superiore. Il primo corrisponde all’odierno Cappelle: fu disabitato nel ‘400 e riemerse per l’appunto con l’arrivo degli Schiavoni. Il secondo, Cappella superiore, era associato a Moscufo e andrebbe cercato in quel territorio: forse corrisponde a Villa Sibi, curiosamente anch’essa ripopolata dagli Schiavoni nello stesso periodo.

Ma perché questi due centri chiamati ciascuno Cappella avrebbero a che fare con San Martino? Bisogna ricordare che il vocabolo ‘cappella’ è in origine un diminutivo tardo-latino di cappa ‘mantello’, che designava un corto mantello, ed in particolare un ‘cappuccio’. Ora, il mantello maggiormente venerato in tutta la Cristianità alto-medievale era proprio quello di San Martino; quel mantello che nell’anno 335 il milite Martino, durante una ronda, tagliò in due e condivise con un mendicante, e che la notte seguente, dopo aver visto in sogno Gesù rivestito proprio di quella metà, ritrovò integro. Il mantello miracoloso divenne una famosa reliquia, dapprima venerata a Tours, città della quale Martino era stato vescovo, ma in seguito (VII secolo) entrata a far parte del tesoro dei re franchi. Fu proprio da questa reliquia che l’oratorio reale, che faceva parte del palazzo e dunque non era tecnicamente una chiesa, cominciò ad essere chiamato ”cappella”. E quando Carlomagno nel XI secolo fece portare la reliquia nel suo palazzo di Aquisgrana (oggi Aachen in Germania), le costruì una “cappella” apposita. Ancor oggi la città di Aquisgrana è nota in francese come Aix-la-Chapelle, a ricordo della “cappella” voluta da Carlomagno per conservare la “cappella” di San Martino.

Con la diffusione in tutta Europa del culto di San Martino, anche la denominazione ‘cappella’ si estese ad indicare per antonomasia una ‘piccola chiesa’, isolata o incorporata in un altro edificio’. E precisamente nell’ accezione di ‘chiesetta rurale’ che la ritroviamo dalle nostre parti verso l’anno Mille. In alcuni casi, questa denominazione generica passò ad indicare i centri medievali sorti attorno a tali chiesette. E’ questo il caso delle nostre due Cappelle, ma anche di Cappelle nella Marsica.