L’Atlantide frentana

atlantide_VigDa secoli i dotti, gli eruditi, gli archeologi e, naturalmente, i toponomasti – abruzzesi e molisani – si interrogano sull’ubicazione di un’antica città chiamata Buca. Non si tratta di un villaggio qualunque, ma di una città già appartenuta ai Frentani che, al tempo di Augusto, fu eretta a municipio a pari titolo di Ortona, Anxanum (Lanciano) e Histonium (Vasto). Ma l’origine dell’insediamento è forse da ricercare addirittura presso una popolazione costiera pre-frentana, pre-italica dunque, da me battezzata “proto-picena” (vedi qui).

Già gli autori classici avevano qualche problema a localizzar correttamente Buca: Strabone (I sec. a.C.-I sec. d.C.) la pone genericamente tra Ortona e Teano Apulo ma confinante con quest’ultimo, Pomponio Mela (I sec. d.C.) tra Ortona e Vasto, così come Plinio il Vecchio (I sec. d.C.), mentre per Claudio Tolomeo (II sec.) è tra Vasto e Termoli. Il nome di Buca scompare invece negli itinerari tardo-antichi: né la Tavola teodosiana (peutingeriana), né l’Itinerario antoniniano lo riportano, forse perché nel frattempo la città era scomparsa?

Con queste premesse, non stupisce che i moderni abbiano proposto diverse ubicazioni alternative. Consideriamo le due più seguite. La prima, che si appoggia sull’opinione che ne ebbe Teodoro Mommsen, è l’attuale Termoli (CB). A favore di tale ubicazione depongono unicamente le attestazioni di Tolomeo e Strabone, nonché l’autorevolezza del Mommsen. Ma contro questa ubicazione depongono il fatto che la città di Termoli, sede vescovile nell’alto medioevo, mai venne chiamata bucana, né con qualsiasi altro riferimento al nome di Buca. Inoltre, in un epigrafe rinvenuta a Punta Penna di Vasto, gli Interamnates, cioè gli abitanti del municipio romano di Interamnia, che è unanimamente conguagliato coll’attuale Termoli, sono distinti dai Bucani (e dagli Histonienses). A questi fatti si aggiungono le più antiche menzioni in Mela e Plinio, che pongono Buca a nord di Vasto.

Più recentemente, l’ubicazione considerata standard è quella di Punta Penna, presso il porto di Vasto. Il sito sarebbe stato disabitato in epoca tardo-antica, per essere ripopolato verso il sec. XIII con la creazione del castello di Pennaluce, in seguito anch’esso abbandonato. Questa ipotesi è già presente negli storici dei secoli scorsi, come l’abate Domenico Romanelli, e si fonda sulle proposizioni seguenti: (a) l’epigrafe summenzionata che cita i cittadini Bucani fu rinvenuta proprio a Punta Penna; (b) presso il sito esiste una contrada chiamata ancora oggi Salabuca, da interpretare come sala (toponimo longobardo indicante uno spazio aperto) (presso) Buca; (c) il rinvenimento nel sito di un santuario frentano con due templi ed un teatro; (d) secondo l’erudito lancianese Pollidori (XVIII sec.), due documenti alto-medievali citerebbero la chiesa di S. Eustachio in civitate Buca possesso di S. Stefano in Rivo Maris (un’impotante abbazia che esisteva presso Casalbordino) e la chiesa di S. Paolo in Buca possesso della prepositura di S. Pietro di Vasto; (e) il castello di Pennaluce è menzionato comme Penna de Voce in atti del XIII sec. (consultabili qui), coevi alla sua fondazione sotto Federico II, e Voce sarebbe un relitto toponimico di Buca.

Senonché: (a) l’epigrafe in questione fu eretta per ringraziamento all’edile M. Blavio (II sec.) curatore della strada consolare Traiana Frentana, l’attuale Adriatica, da tre municipi interessati a tale via, e fu ritrovata in prossimità del tracciato consolare; nulla ci dice che il sito del rinvenimento fosse proprio il sito di uno di questi tre municipi, e cioè Buca; (b) la contrada in questione, chiamata Salavuca sulle carte IGM, non si trova presso Punta Penna ma a soli 3 km a NO di Vasto, nel territorio degli antichi castelli e poi feudi di Linari e Castiglione; inoltre il toponimo si ripete in Salabuca presso il Biferno, probabilmente nel territorio di Casacalenda (citato verso l’a. 1000 dalle cronache cassinesi), e dunque non ha nulla a che fare con Buca ma rifletterà un toponimo preromano la cui radice è la stessa di quella di Salavento; (c) la presenza di resti archeologici importanti non implica la presenza di un municipio, ma in questo caso può essere spiegata come fa M. Carroccia ammettendo che questi resti siano da attribuire ad un “importante vicus romano, nato intorno al porticciolo di Histonium e confuso con Buca” [1]; (d) l’esistenza delle due chiese è riportata solo dal Pollidori, considerato un autore scarsamente attendibile; non ne ho trovato alcuna menzione né nel Chronicon di S. Stefano in Rivo Maris, né nei documenti di S. Giovanni in Venere; (e) essendo l’attestazione unica e piuttosto tarda, Voce può essere semplicemente una scrittura svisata per (Penna-) Luce.

La mia ubicazione preferita, proposta già in questa pagina, è invece diversa, ed è legata a quella dell’antico castello medievale di Civita di Sangro, che si trovava nell’attuale c.da Salette di Torino di Sangro (CH). Propongo questo sito per i motivi seguenti: (1) è compatibile con Mela e Plinio, essendo tra Ortona e Vasto; (2) il nome del castello medievale è civita, il che presuppone il ricordo di una più antica ‘città’, come accadde per civita Laroma (Cluviae), Civitaluparella (Iuvanum), Civita Borrello (Trebula), Civita presso Rapino (Tazza) e Civita presso Comino (*Cominium); (3) il territorio tra Sangro e Sinello, è sufficientemente vasto per aver costituito un municipio distinto da quello di Istonio; se questo avesse compreso, come spesso ammesso, tutto il territorio frentano tra Sangro e Trigno, sarebbe stato abnormenmente più esteso di tutti i municipi confinanti (vedi cartina qui); (4) estendendosi verso l’interno il municipio di Buca avrebbe compreso anche le attuali Atessa, Tornareccio ecc., situate a nord del Sinello, zona in cui si trovava il vicus o pagus di Pallanum, menzionato negli itinerari; ora, il monastero di S. Stefano in Lucania che fu eretto in epoca alto-medievale presso il sito dell’antica Pallano (loc. Torretta) fu designato nel IX sec. in finibus Theatinae sive Vocitanae, ossia “nei confini (della diocesi e contea) di Chieti o (più precisamente) in quelli di Buca”; in effetti, sotto i longobardi, Chieti assorbì i territori di molti antichi municipi vicini, ma tali unità territoriali secondarie rimasero nella memoria.

Che Pallano al tempo di Augusto fosse una dipendenza di Buca ce lo dice anche il fatto che negli itinerari tardo-antichi la mansio di (oggi diremmo: l’uscita autostradale per) Pallano era appena a S del Sangro (loc. Zamenca di Torino di Sangro), ossia vicinissimo al sito di Buca. Perché quella mansio non è chiamata Buca ma Pallano? Evidentemente nel IV sec. Buca era già diruta o soppiantata per importanza dalla sua dipendenza montana di Pallano. E’ anche possibile, ed è suggestivo pensarlo, che l’antica Buca fosse un porto alla foce del Sangro e che sia stata lentamente sommersa dal documentato arretramento della costa. Gli abitanti si spostarono all’interno ando luogo ad insediamenti minori sul sito della successiva Civita medievale e presso la mansio che, scomparsa Buca, prese il nome da Pallano.

Nessun cercatore di Atlantidi nostrane?

Antonio Sciarretta

[Immagine: http://www.alex-bernardini.fr]

[1] Scritti vari di topografia antica, 2006. L’autore sostiene per Buca l’ubicazione di Campomarino (CB).