Pescara

Sorpasso(da Il Sorpasso, periodico politico-culturale-sportivo di Montesilvano, a. 2, num. 4)

Come tutti sanno, il toponimo Pescara designa tanto il fiume, almeno il suo tratto dalle sorgenti di Popoli al mare, quanto la città che sorge alla sua foce. Fino al 1927 il comune di Pescara si estendeva prevalentemente sulla riva destra (sud), tranne che per il quartiere Rampigna a nord del fiume, mentre dirimpetto sulla riva sinistra era il comune di Castellammare (Adriatico dal 1863).

La città di Pescara è erede della romana Aternum, città che pure riprese il nome del fiume, chiamato all’epoca Aternus. Aternum fu sede di una sua circoscrizione municipale nel basso impero, dopo di che decadde ma non scomparve completamente. Tuttavia, quando ricominciò la produzione di testi scritti, troviamo il fiume chiamato ormai Piscaria (almeno dal IX secolo). L’insediamento alla foce del fiume conservò ben più a lungo l’antico nome: nel IX secolo è ancora ricordato come “civita di Aterno” mentre nel XII secolo troviamo entrambi i nomi (in Aterno et Piscaria). Il nome Aternum sopravvive almeno fino al XIII secolo; Piscaria lo soppianta definitivamente solo in epoca angioina.

L’etimologia dell’idronimo (nome di fiume) e del poleonimo (nome di città) non sono mai state messe in discussione, almeno fino a qualche anno fa. Sembrava chiaro che l’idronimo avesse la precedenza, come evidenziato dalla serie storica delle attestazioni, e che riflettesse l’appellativo comune piscaria ‘luogo pescoso’, o anche per estensione ‘vivaio di pesci, peschiera’.

Di recente (2006) una proposta diversa circa il nome di Pescara è stata presentata sulla Rivista Abruzzese da un autore chiamato Giovanni Damiani ed ha avuto un certo risalto sul web. Secondo questa teoria esso potrebbe derivare da un greco di epoca bizantina pescos ‘pino’ o pescasis ‘coperto di pini, pineta’ con riferimento al pino marittimo di cui il nostro litorale era ricco. L’origine del nome sarebbe dunque da attribuire ai Greci che riconquistarono all’impero romano la costa abruzzese e la tennero fino al VII secolo per poi cederla definitivamente ai Longobardi.

Per quanto suggestiva, non credo proprio che si possa accettare tale proposta, e ciò per almeno tre ragioni. Innanzitutto, la già richiamata precedenza dell’idronimo sul poleonimo, per cui risulta improbabile che il fiume sia stato denominato a partire dalla specie arborea vegetante sulla costa. In secondo luogo, l’influsso bizantino si estendeva solo sulla costa e non certo nell’entroterra, da dove provengono le prime attestazioni di piscaria (ad esempio, il monastero di S. Clemente, oggi detto a Casauria, anticamente de Piscariam). Da ultimo, ma su questo dovrei leggere le argomentazioni originali di Damiani, non ho potuto trovare i vocaboli menzionati: in greco classico ‘pino’ è peukos (e l’aggettivo peukinos), in greco moderno piuttosto pefkos.

In conclusione, ritengo che sia molto più probabile e corretto continuare a ritenere che sia stata la pescosità del fiume la motivazione semantica che ne ha generato il nome, poi trasmesso anche alla città.

Quanto al nome Aternus, sappiamo qualcosa della sua origine? Tradizionalmente, questo idronimo è stato accostato all’aggettivo latino ater ‘scuro’ e soprattutto alla sua controparte umbra (una lingua italica) adro- con lo stesso significato, ed interpretato come ‘(fiume) nero’. Semanticamente questa spiegazione non porrebbe grossi problemi, in quanto il nome potrebbe benissimo essere stato motivato dal colore delle acque. Senonché, i vocaboli italici citati discendono da una radice proto-indoeuropea che indica il ‘fuoco’: l’aggettivo indicava dunque in origine il colore di ciò che è annerito dal fumo, dal fuoco. Strana sfumatura lessicale per un nome di fiume.

Nel mio libro Toponomastica d’Italia ho proposto un’etimologia alternativa, che si basa sull’altra famiglia di nomi indoeuropei esemplificata dalla radice PIE *ad(u) ‘corso d’acqua’, presente in area celtica e nell’antico-persiano. L’idronimo in questione andrebbe dunque ricostruito come *adues-no-s. Per spiegare il passaggio dalla consonante D alla T interviene una mia teoria, documentata nel libro, che chiama in causa un popolo precedente a quelli italici (Vestini, ecc.) che occupavano la costa medio-adriatica ai tempi dei Romani. Questo popolo, da me battezzato ‘proto-piceno’, avrebbe parlato una lingua indoeuropea nella quale la D originaria aveva subito uno slittamento, assordendosi nella T, proprio come accadde nelle lingue germaniche e in quella dei Traci balcanici. Con questa ipotesi si possono spiegare molti altri idronimi, tutti concentrati nell’area medio-adriatica, come Tronto, Trigno, Treste, Tirino, Matrinus, ed anche il nome di Atri.