Cìvite e Città

20090414-Cività-di-BagnoregioSono tantissimi i toponimi formati sull’appellativo cìvita e sui suoi derivati. L’elenco dei comuni italiani annovera Civita (CS) ed altri 8 composti da civita e un aggettivo, come Civitanova (Marche, MC, o del Sannio, IS) e Civitavecchia (RM). Inoltre, abbiamo 10 Civitelle, 2 Cividate e Cividale del Friuli (UD). Da dove derivano?

Naturalmente dal latino civitas, eccezionalmente al caso nominativo, mentre, si sa, i vocaboli dell’italiano e dei suoi dialetti riflettono il caso accusativo del latino. E infatti l’italiano città, ma anche il più arcaico civitate o la versione settentrionale cividate derivano dall’accusativo civitate(m). Il significato originario del vocabolo civitas è un astratto di civis ‘cittadino’, e cioè ‘cittadinanza’. Ma già in epoca classica civitas assume il significato più concreto di ‘città’, all’inizio soprattutto con riferimento a Roma, ma in seguito esteso ai vari municipi e città romane. Nell’alto Medioevo si ha questo strano fenomeno: mentre civitas si evolve fino a città nel linguaggio parlato, si cristallizza invece come cìvita nella toponomastica centro-meridionale. In particolare, il termine viene ad assumere il significato di ‘resti di antica città’, ‘sito di antico centro abitato’. Infatti, Civitavecchia non è che l’antica Centumcellae, abbandonato dopo un’invasione saracena e poi ripopolato; Civitanova Marche (Alta) perpetua l’antica Cluana, distrutta dai Goti; Civita (CS) fu fondata sui resti di un centro magnogreco distrutto dagli Arabi, ecc.

Osserviamo più da vicino le civite e le civitelle abruzzesi. I comuni che portano ancora uno di questi due appellativi sono: Civita d’Antino (AQ), Civitaluparella (CH), Civitaquana (PE), Civitella Alfedena (AQ), Civitella Casanova (PE), Civitella del Tronto (TE), Civitella Messer Raimondo (CH) e Civitella Roveto (AQ). Il primo toponimo si spiega senz’altro col fatto che il paese sorge sul sito dell’antico municipio (cioè, città) marso di Antinum, sopravvissuto come specificazione. Più oscura è l’origine di Civita Luparella: mentre l’antica specificazione richiama il nome di un vicino torrente, oggi detto Parello, l’appellativo cìvita si spiega con l’ammettere che tale centro, oggi villaggio di 350 abitanti, ha perpetuato tra la tarda antichità ed il medioevo l’antico municipio carricino di Iuvanum, il cui sito si trova oggi nel territorio comunale della vicina Montenerodomo. Così Civita Quana è un nome antico (attestato già nel IX sec.) che forse si spiega ammettendo che il paese attuale continua un centro amministrativo vestino-romano noto come Decem Pagi, afferente al municipio di Pinna (Penne). Le varie civitelle, invece, non sono in generale ubicate sul sito di dirute città romane. Da un lato, essendo tutti insediamenti di altura, potrebbero benissimo continuare ancor più antiche roccaforti sabelliche (ossia pentre, vestine, marse, carricine, ecc.). D’altro canto, possiamo pensare che il termine ‘civitella’ venisse usato come un appellativo comune a designare quei castelli di nuova fondazione che apparivano come ‘piccole civite’.

Concentriamoci dunque sul solo termine cìvita, unica vera spia di antichità. Vediamo quali sono gli altri casi abruzzesi, al di là dei tre capoluoghi comunali già esaminati. Nell’aquilano, Civita di Bagno, frazione di Bagno e, oggi, dell’Aquila, non è che il sito della città tardo-antica di Forcona, sede vescovile fino alla fondazione dell’Aquila e a sua volta continuatrice del municipio vestino di Aveia (ubicato presso Fossa), tant’è che il suo nome medioevale era Civita S. Massimo, dal titolo della cattedrale di Forcona. Civita Retenga, frazione di Navelli, deve il titolo di “cìvita” al vicino pago vestino di Incerulae, afferente al municipio di Aufinum (Capestrano), mentre la specificazione è di origine germanica, dunque medievale. Civita Tomassa, frazione di Scoppito, è invece la sabina Foruli, pago afferente al municipio di Amiternum (S. Vittorino). Il comune di San Benedetto dei Marsi è di origine recente e in precedenza frazione di Pescina, ma fino al XIV sec. era noto come Civita Marsia in quanto continuava il municipio marso di Marruvium ed era sede della cattedrale di S. Sabina, poi spostata a Pescina ed in ultimo ad Avezzano.

Passando al Teramano, dobbiamo citare il centro altomedievale di Civita Tomacchiara, situato presso Colonnella, che conitnuava fino alla diruzione del XIV sec. il municipio piceno di Truentum. Nel Pescarese, troviamo Civita (Città) Sant’Angelo, la quale eredita l’attributo di “civita” dal municipio vestino di Angulum,che però era forse situato altrove, presso Spoltore (si trattava forse di un municipio sparso, con diversi nuclei tra cui l’odierna Città Sangt’Angelo). Senza dimenticare Penne, che era tradizionalmente nota come Civita di Penne, in quanto sede vescovile ed erede del municipio vestino di Pinna.

Stesso discorso nel Chietino per Chieti stessa, nota nel medioevo come Civita Teatina, sede dell’omonima diocesi ed erede del municipio marrucino di Teate. In questa provincia, oltre al caso già esaminato di Civitaluparella, troviamo anche Civita Borrello, oggi villaggio della media Valdisangro che ha, più meno consciamente, abbandonato nella versione ufficiale del toponimo l’appellativo cìvita. Mentre la specificazione riflette il nome della famiglia comitale (IX-XI sec.) che pose una delle sue sedi proprio a Borrello, l’uso dell’appellativo cìvita doveva essere preesistente. Dunque si trattava del sito di un antico centro diruto, ma quale? Propongo di identificare Civita Borrello come erede del centro carricino di Trebula, dipendente da Iuvanum, il quale in epoca augustea era ubicato nel fondovalle, presso S. Maria dello Spineto di Quadri, ma che in seguito, ad esempio, alla guerra greco-gotica potrebbe essere stato spostato in posizione più sicura dov’è oggi Borrello. Di Civita di Sangro ho parlato in un post precedente: si tratta, secondo me, dell’antica e misteriosa Buca frentana. Resta Civita del Conte, un castello medievale sito in loc. M. Civita di Montazzoli che ancora nel XIII sec. comprendeva un vasto territorio alla destra del Sangro inclusa la villa di Colledimezzo, quest’ultima emancipatasi nel XIV sec. Si tratta forse del sito di un centro minore, a noi sconosciuto, del municipio frentano di Histonium (Vasto)?

Domande in sospeso a parte, il caso di “civita” ci offre un altro esempio di come lo studio della toponomastica ci fornisca elementi, complementari a quelli archeologici o documentari, utili per comprendere il nostro passato.

Antonio Sciarretta