Montinope

Sorpasso

(da Il Sorpasso, periodico politico-culturale-sportivo di Montesilvano, a. 2, num. 10)

Un toponimo della zona vestina che mi ha molto incuriosito è Montinope, nome di una delle due colline (l’altra è quella del centro storico) dove oggi sorge Spoltore. Ho trovato strana quella sua terminazione, –inope, tanto che mi sono dovuto informare presso degli amici sul posto per essere sicuro che venisse pronunciato con l’accento sulla i. Perché, se fosse invece stato Montinòpe, lo avrei spiegato alla stessa maniera di Montelòpi e Montenòpoli in provincia di Firenze, ossia come un composto di ‘monte’ con un nome personale di origine germanica (longobarda o franca) Lobo o Lòbilo. Monte di Lobo, quindi.

Ma l’accento di Montinope cade proprio sulla i. Sono stato dunque costretto ad accettare la spiegazione che circola sul web, che a prima vista mi sembrava la solita dotta ma pseudo-scientifica etimologia creata da eruditi locali a digiuno di linguistica storico-comparativa. Questa etimologia richiama una voce desueta « inope », usata pure da Dante nel significato di ‘povero’, la quale risale all’aggettivo latino in-ops.

Non conosco altri toponimi che contengono questo aggettivo. Però, a pensarci bene, non bisogna stupirsi più di tanto di un aggettivo latino scomparso nei dialetti ma evidentemente sopravvissuto nella toponomastica. Vi sono diversi esempi noti di questi ‘relitti’. Per rimanere all’Abruzzo, posso citare una valle « augusta » (vàlla vusta) a Santo Stefano di Sessanio (AQ), una valle « insita », una valle « beata » (vallë biàta) a Barisciano (AQ), nonché vari continuatori dell’aggettivo dom(i)nicus ‘del signore’ o latus ‘largo’, quantunque nei rispettivi dialetti da tempo nessuno più usi quegli aggenttivi.

Un altro aspetto interessante del nome Montinope è il primo elemento, « monte », pur se a prima vista l’uso di questo vocabolo possa sembrare banale per una collina. Ma, almeno nella fascia costiera medio-adriatica, la ‘collina’ è quasi sempre indicata come « colle », o al limite « poggio », mentre il vocabolo « monte » sembra aver assunto quasi un significato specialistico.

Una possibile spiegazione è che « monte » abbia designato la collina selvaggia, boscosa, mentre « colle » in prevalenza quella coltivata. Su questi « monti », cioè sui crinali collinari boscosi, passavano spesso i confini fra i territori degli antichi municipi romani. Il nesso tra confini e « monti » è stato appurato per le Marche, dove ad esempio i crinali di Montefano e Montelupone segnavano il confine del territorio della città picena di Potentia. Guardando alle nostre zone, Montefino (TE), già Montesecco è situato sul crinale che, lasciando la valle del Fino, probabilmente segnava il confine tra le città di Pinna (Penne) e di Beregra (vic. Montorio al Vomano). Anche il crinale di Montepietro (fraz. di Castellalto, TE) fungeva da confine tra Interamna (Teramo) e Castrum Novum (Giulianova).

Col tempo, in epoca alto-medievale, su alcuni « monti » ancora vergini furono costruite rocche e castelli, divenuti poi paesi. Il lettore attento del Sorpasso non avrà già capito che Montesilvano fu uno di questi, come rivela l’aggettivo ‘silvano’, cioè ‘boscoso’.

Il monte di Montinope restò invece probabilmente disabitato ed anche sodo, non coltivato, da cui il nome ‘monte povero’, come abbiamo visto. Per l’incastellamento medievale si preferì il colle del ‘sepolcreto’ (cioè Spoltore, vedi Il Sorpasso a. II, n. 3) di uno dei vici che componevano il municipio vestino-romano di Angulum (un altro era all’odierna Città Sant’Angelo, vedi Il Sorpasso, a. II, n. 7), il quale era situato proprio nell’insellatura tra le due colline.

Antonio Sciarretta